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Ordinati o privilegiati?

alt Di fronte all’aberrazione di un governo di centro destra che, per ottenere da Bersani la rapida approvazione della manovra finanziaria, sembrava disponibile a far saltare il sistema degli ordini professionali in nome delle liberalizzazioni, i parlamentari avvocati hanno finalmente avuto un momento comune di reazione e, minacciando il voto contrario anche di quelli del PDL, hanno per il momento respinto questo gravissimo assalto alle professioni intellettuali.
I giornalisti non hanno esitato a parlare di lobby o di corporazione in senso dispregiativo, ma nessuno sembra essersi reso conto che si è sventato un colpo di mano che avrebbe colpito non già le tasche dei professionisti, ma le garanzie che milioni di cittadini hanno nel sistema dell’inquadramento delle principali professioni intellettuali in ordini.
Vanno subito chiariti due concetti. Il primo è che l’inquadramento in ordini professionali ha senso per quelle attività nelle quali è necessario offrire al consumatore delle garanzie di professionalità del soggetto che è chiamato ad incidere in maniera significativa sulla sua esistenza.
Un errore di un medico può rovinare la vita o uccidere un paziente, un errore di un ingegnere può provocare il crollo di un edificio, un errore di un avvocato può privare il proprio cliente della libertà o della gran parte dei suoi beni, un errore del commercialista può costringere un uomo a vivere da perseguitato dal fisco.
In altre professioni, incluse alcune tradizionali, il cittadino potrebbe essere tutelato diversamente, tramite l’assistenza di specialisti.
Ritengo sia difficile negare che in Italia è stata ampliata a dismisura l’attività demandata in via esclusiva ai notai, senza che vi siano reali motivazioni derivanti dal possesso di competenze specifiche e con un ingiusto privilegio in favore di una professione tra le più lucrose, essendo a numero chiuso.
Anzi, negli atti notarili pubblici, basterebbe prevedere l’obbligo di redigerli alla presenza di testimoni professionalmente qualificati, cioè avvocato o commercialista  di fiducia e, quindi, a tutela del consumatore, non vi è in astratto la necessità di una organizzazione professionale che costituisca un momento di prevenzione contro l’errore del notaio.
Con ciò non intendo negare che, attualmente,  il Consiglio notarile costituisca anche un valido strumento di tutela del consumatore, dato che sottopone i propri iscritti a controlli e potere disciplinare.
Tuttavia un espace intellettuale impone di riconoscere che esistono professioni ove tale sistema potrebbe  essere oggetto di alternative altrettanto valide sotto il profilo degli interessi anche economici dell’utente ed altre dove una abrogazione del sistema degli ordini professionali provocherebbe una deriva pregiudizievole per gli interessi della collettività.
E proprio con riferimento agli interessi della collettività occorre puntualizzare il secondo concetto. Forse, storicamente, gli ordini professionali sono nati a tutela degli interessi della corporazione e, da alcuni, sono ancora percepiti come una sorta di sindacati pubblici, secondo il modello ordinamentale fascista.
In realtà, i consigli degli ordini di rilevanti  dimensioni, quali quello romano, che ha oltre ventimila iscritti, non hanno alcuna reale possibilità di tutelare gli interessi individuali dei singoli professionisti e si limitano sindacalmente a fare da megafono ai mal di pancia della massa dei propri aderenti ed ad esercitare l’obbligo della tenuta degli elenchi ed il potere disciplinare.
La tutela degli interessi di una elite può aversi quando ad esercitarla vi sono i rappresentanti di una elite: è quindi palese che chi rappresenta una massa è portatore di punti di vista differenti, forse collettivamente più forti, ma individualmente meno qualificati.
Il sistema ordinistico delle libere professioni con più lavoratori autonomi non è, nell’Italia del XXI secolo, uno strumento per assicurare dei privilegi ai propri aderenti, ma per ordinarli e assicurare, attraverso il potere disciplinare, al consumatore un minimo di tutela. Il rilievo dato ai codici deontologici approvati dai singoli ordini con riferimento alla normativa sulla privacy conferma che gli ordini hanno una funzione di tutela dei cittadini piuttosto che dei propri iscritti.
In senso meccanico gli ordini potrebbero essere definiti dei cuscinetti tra i professionisti ed i loro clienti.
Non a caso sono i grandi studi professionali, ed i vertici attuali del CNF che ne rappresentano il pensiero, a rendersi conto che il sistema ordinistico attuale ha cessato di essere uno strumento di una categoria che, se vuole tornare ad essere lobby, deve eliminare dal mercato potenziale economicamente rilevante la gran massa dei propri aderenti.
Poiché l’eliminazione fisica di centinaia di migliaia di lavoratori non è materialmente ipotizzabile, per arrivare al risultato è necessario percorrere strade alternative meno cruente. Così si è inventata la mediazione obbligatoria, al fine di occupare e sostenere economicamente la fascia medio / bassa dei professionisti e si vogliono abolire gli ordini, per sostituirli con prestigiose associazioni di professionisti ove si entrerà per tradizioni familiari, censo o italiche raccomandazioni, invece che pubblici concorsi.
Per leggere gli eventi, occorre conoscere l’A, B, C (Alfano, Bersani, Casini): allora si capirà che, in politica, liberalizzazioni e modernità possono anche essere degli strumenti per ritornare al medioevo.

 

di Romolo Reboa*

* Avvocato del Foro di Roma

Fondo 4_2011